Diskussion:Briefwechsel zwischen Seneca und Paulus

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Wirkungsgeschichte

Wenn jemand mehr zur Wirkung des Briefwechsels weiss, darf er/sie das gerne ergänzen.--Theophilus77 (Diskussion) 14:16, 3. Mai 2012 (CEST)

Zweifel an der Echtheit VOR Erasmus

Wie ich im italienischen Artikel sehen konnte, gab es schon vor Erasmus, schon von Beginn des 15. Jahrhunderts an Zweifel an der Echtheit des Briefwechsels. Lorenzo Valla, Celio Secondo Curione und Justus Lipsius werden genannt. Da ich kaum italienisch verstehe, wäre eine Übersetzung jenes Abschnitts hilfreich! (s.u.) Ausserdem wurde anscheinend (?) bis weit ins 19. Jahrhundert hinein an der These festgehalten, Seneca sei Christ gewesen.

A partire dal XV secolo l'affinamento della critica filologica umanistica e la conoscenza delle opere autentiche di Seneca permette a Lorenzo Valla,[1] a Celio Secondo Curione [2] e a Giusto Lipsio [3] di contestare apertamente e con argomenti di merito l'autenticità della corrispondenza, anche se non mancano argomenti opposti e di moda nel XVI secolo [4]: per Sisto Senese, Seneca avrebbe utilizzato uno stile rozzo per dissimularne la paternità qualora in alienas manus apistolas venissent [5] mentre nel Seicento Françisco de Bivar, commentando il Dextri Chronicon - una storia universale attribuita all'amico di Girolamo, il senatore Flavio Lucio Dexter, ma in realtà falsificazione del gesuita Jerónimo Román de la Higuera - vi legge la notizia della segreta conversione al Cristianesimo di Seneca, discepolo di Paolo, al quale avrebbe scritto mentre l'apostolo non si trovava a Roma ma in Spagna.[6]

Naturalmente, l'inserimento degli elementi romanzeschi ha lo scopo di rendere più credibile la leggenda e il vantaggio di appianarne le contraddizioni, ma le contestazioni dell'autenticità del carteggio si erano infittite: nella sua edizione delle opere di Seneca, Erasmo, ribadendo la matrice pagana del suo pensiero, considera «freddo e inetto» l'anonimo compilatore e accusa Girolamo di malafede e di aver abusato della credulità dei semplici non denunciando il falsario.[7] Concordano anche Teodoro di Beza,[8] il cardinale Bellarmino [9] e il Tillemont che tuttavia non vuole escludere che i due possano essersi realmente conosciuti.[10]

Nel XVIII secolo la definizione del carteggio come apocrifo e la contestuale negazione del Cristianesimo senechiano sembrano essersi imposte ma, forse anche per il mutato clima politico cui corrisponde il recupero di una particolare sensibilità religiosa, con l'Ottocento riprendono vigore le tesi dell'autenticità dell'epistolario e del Seneca cristiano. Joseph de Maistre si dichiara «sicuro che Seneca ha ascoltato san Paolo»,[11] mentre l'archeologo pontificio Giovanni Battista de Rossi, scoprendo nel 1867 un'iscrizione ad Ostia - D M / M. ANNAEO / PAULO PETRO / M. ANNEUS PAULUS / FILIO CARISSIMO - della fine del II secolo, deduce che, siccome dei membri della famiglia degli Annei erano cristiani, lo fosse anche il celebre antenato.[12]

Lo sforzo maggiore per sostenere l'esistenza di rapporti di Paolo e Seneca è compiuto da Amédée Fleury,[13] che sottolinea le assonanze del pensiero cristiano con quello di Seneca e deduce la possibilità di contatti fra le due personalità dal fatto che il fratello del filosofo, il proconsole dell'Acaia Gallione, aveva conosciuto Paolo, trascinato in giudizio davanti a lui dagli Ebrei, secondo la testimonianza degli Atti degli Apostoli (18, 12-17). Ma dall'atteggiamento sprezzante tenuto da Gallione - «se sono questioni riguardanti parole, nomi e la vostra legge, vedetevela voi, perché non voglio essere giudice di tali cose. E li cacciò dal tribunale» - non si vede come egli avrebbe potuto far da tramite tra Seneca e Paolo, come sostiene il Fleury,[14] interessandosi delle opinioni e degli scritti di Paolo di Tarso, fino a mandare al fratello «estratti di prediche o frammenti di lettere che Seneca avrebbe avuto fra le mani fin da allora».[15]

  1. A. Momigliano, cit., p. 340
  2. Nella sua edizione delle Epistolae, Basileae 1557
  3. De vita et scriptis L. Annaei Senecae, X
  4. Il dibattito su dissimulazione e nicodemismo nasce nella prima metà del Cinquecento
  5. S. Senese, Paulus, in «Bibliotheca sancta» II, Coloniae 1586, p. 88
  6. F. de Bivar, Dextri Chronicon, Lugduni 1627: factus christianus occultus, eius fuisse discepulus creditur, dulciterque scribit ad Paulum in Hispania morantem
  7. «Divus Hieronimus non ignarus fuit, abusus est simplicium credulitate», in Senecae opera, Basileae 1529, p. 679
  8. Novi Testamenti interpretatio cum annotationibus, II, 1565, p. 420
  9. Citato in Fabricius, Codex apocryphus Novi testamenti, Hamburgi 1703
  10. Mémoires pour servir à l'histoire ecclésiastique des six premiers siècles, Paris 1693
  11. J. de Maistre, Les soirées de Saint-Petersbourg, II, pp. 160-169
  12. Sulla questione, G. B. de Rossi, «Bullettino di archeologia cristiana» 5, 1867; A. Codara, Seneca filosofo e san Paolo, «Rivista italiana di Filosofia», 12 1897, e C. Aubertin, Sénèque et Saint Paul, Paris 1872
  13. A. Fleury, Saint Paul et Sénèque. Recherches sur les rapports du philosophe avec l'apõytre, et sur l'infiltration du chistianisme naissant à travers le paganisme, Paris 1853
  14. Seguito ancora recentemente, sempre sulla base dell'episodio neo-testamentario e dall'iscrizione di Ostia, da Maria Sordi: Seneca e Paolo, in AA. VV., in «Il cristianesimo e Roma», 1965, e I rapporti personali di Seneca con i Cristiani, in «AA. VV., Seneca e i Cristiani», 2001
  15. A. Fleury, cit., II, p. 75. Per una confutazione delle ipotesi del Fleury, C. Aubertin, cit., pp. 63-66; A. Codara, cit., p 165 e J. N. Sevenster, Paul and Seneca, 1961, p. 8

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